Rabbia, orgoglio, coraggio, forza. Sono le parole che vengono in mente quando si pensa a Oriana Fallaci, un’icona del secolo scorso che ha raccontato la storia sapendo di esserne protagonista e che a marzo scorso è tornata alla ribalta con la serie televisiva “Miss Fallaci” andata in onda su Rai 1. Era una donna estremamente divisiva, tremendamente odiata dal potere che combatteva rivelando le menzogne su cui il sistema si reggeva. Dobbiamo porci però una domanda, anche alla luce delle puntate che l’hanno rimessa sotto i riflettori e che ci danno lo spunto per tornare a parlare di lei: cosa ha lasciato al giornalismo italiano di oggi? O meglio: cosa ha cercato di insegnare con il suo lavoro a chi ogni giorno ha il compito di avvicinare i cittadini alla verità? Rispondere è difficile, ma senza dubbio il suo esempio rimane una guida che non possono ignorare le persone che ogni giorno si battono per un’informazione libera e democratica.
Le opinioni, la forza del giornalismo
“Il giornalismo non è solo fatti, bensì l’interpretazione dei fatti attraverso le idee”. È quello che disse Oriana Fallaci nel 1976 all’Amherst College negli Stati Uniti, dove fu invitata a tenere una conferenza sul ruolo del giornalismo in Europa e in Italia. Durante il suo lungo intervento, la scrittrice fiorentina attaccò a più riprese il modello mediatico americano, che da tempo si reggeva sullo slogan “fatti – non – opinioni”. Secondo Fallaci infatti, il giornalista non deve essere un semplice registratore che riporta quello che vede e ascolta, ma deve anche prendere delle posizioni e fare delle valutazioni sulle informazioni che raccoglie. Questo perché il suo compito non è solo quello di informare, ma anche quello di formare e guidare i propri lettori. C’è un solo modo per farlo: attaccare e sfidare il potere, anche a costo di mettere la propria vita in pericolo.
I nemici
“Un giornalista senza nemici, che non dà fastidio, che non vive in mezzo ai guai, (dal guaio minore d’aver il telefono sotto controllo come io ho avuto sempre, al guaio peggiore d’essere “condannato a morte” dai fascisti), molto raramente è un buon giornalista”, dichiarò Fallaci all’Amherst College. Ma il suo lavoro era qualcosa di più, cioè un modo di vivere e pensare la storia proprio nel momento in cui la si vive. Lo scrisse chiaramente in una lettera inviata nel 1975 ad Alvaro Guerra, giornalista della rivista portoghese A Luta, manifestando così la sua opposizione nei confronti del giornalismo industriale nato con il capitalismo. “Nemmeno il più idealista dei giornalisti può negare che, nella sua organizzazione economica e giuridica, il giornalismo sia principalmente diventato – o sia anche diventato- un oggetto di consumo […] tutto ciò è avvenuto non solo perché l’industria ha reso il prodotto accessibile a tutti, ma anche perché il capitalismo ha compreso rapidamente che i prodotti dell’ingegno, la scrittura in questo caso, possono fruttare denaro” ribadì all’Amherst College.
Lo scrittore politico
“Come può uno scrittore non essere politico? […] Qualsiasi cosa egli scriva: un romanzo, una poesia, un trattato filosofico, un saggio storico, un reportage, una intervista. E da qualsiasi parte egli stia filosoficamente e moralmente. Non può perché scrivere è un atto politico: prima, durante e dopo l’atto dello scrivere”. Sono le parole che Oriana Fallaci pronunciò nel luglio del 1983, durante la presentazione del libro “Un Uomo” all’Istituto di cultura italiana di Buenos Aires, in Argentina. In quell’occasione furono molti gli scontri nati dopo che Fallaci accusò i giornalisti argentini di non avere coraggio, collaborando così di fatto con la dittatura militare che governava il paese dal 1976. Questo fu solo uno dei tanti momenti in cui mostrò nei fatti il ruolo politico del suo lavoro, che emerge chiaramente in ogni suo scritto e in ogni suo intervento pubblico.
Il silenzio e l’auto esilio
“Faccio politica e sono politica scrivendo i libri che scrivo, intervistando le persone che intervisto, fornendo alla gente gli elementi necessari a sapere, giudicare, intervenire. E, anche, intervenendo io stessa attraverso il dibattito (talvolta il litigio) che grazie all’intervista ho con quel capo di Stato o quel leader o quel generale” disse in occasione della conferenza “Politics and War”, tenuta nel 1982 all’Università di Harvard. Alla politica però non si devono solo le sue parole, ma anche il suo silenzio. Dal 1991 la giornalista si ritirò “nell’auto-esilio politico”, come lo definì nella prefazione ai lettori del libro “La Rabbia e l’Orgoglio”. Rinchiusa nella sua casa a New York, scelse di tornare protagonista del dibattito pubblico solo dopo l’attentato alle Torri gemelle dell’11 settembre 2001. Fu un momento cruciale per lei, visto che nel crollo di quei due edifici vide la caduta di tutto l’Occidente e i suoi valori.
L’impegno pubblico
Eppure il suo impegno pubblico non è mai sfociato nella partecipazione alla vita di partito, nonostante furono diverse le proposte di candidatura che le vennero offerte. Negli anni ‘70 arrivò quella di Pietro Nenni, che le propose di correre come candidata indipendente nella lista del Partito socialista italiano. Nel 2004 fu la volta di Giorgio La Malfa e Vittorio Sgarbi, fondatori del Partito della bellezza, nato in vista delle elezioni europee di quell’anno. Ma Oriana Fallaci non credeva in quella che definiva “la politica dei politici, o meglio la politica dei politicanti”, soprattutto per quanto riguarda le vicende italiane.
Giustizia e libertà
“L’Italia è un paese che presenta delle situazioni sconsolanti, con una realtà molto amara, negativa. Infatti, sai, la denuncia irata e anche abbastanza impotente che faccio in questo libro “Un uomo”, attraverso la storia di un uomo ucciso dalla politica dei politici, mi sembra molto valida anche per l’Italia d’oggi” ammise con sconforto nel 1979 in un’edizione del TG2 Studio Aperto. Una scrittrice senza partito sì, ma guidata in ogni momento della sua vita da idee e valori, in primis quello della libertà, che aveva imparato durante il periodo in cui, da bambina insieme al padre, aveva combattuto contro il fascismo tra le fila del gruppo “Giustizia e libertà”. Lo ha dimostrato con il suo libro “Il sesso inutile”, un’inchiesta sulla condizione della donna nel mondo che le permise di entrare in contatto per la prima volta con i paesi islamici, in cui l’oppressione e l’assenza di libertà riguardavano soprattutto le donne. Il tema della libertà viene messo al centro anche e soprattutto nel libro “Un uomo”, in cui ha portato avanti la lotta del compagno, Alekos Panagulis, storico oppositore della dittatura dei colonnelli che dal 1967 al 1974 tenne sotto scacco la Grecia.
Una donna di destra?
Negli ultimi anni della sua vita, Oriana Fallaci ha lottato contro gran parte della politica Europea, accusandola di non difendere la propria cultura in favore dell’Islam. Nei suoi ultimi libri, la scrittrice ha sostenuto a più riprese la teoria dell’Eurabia, secondo la quale la società europea, a causa delle ondate migratorie provenienti dai paesi arabi, avrebbe potuto subire un’islamizzazione della cultura e dei costumi. Questa posizione, insieme all’opposizione feroce nei confronti di Romano Prodi, leader storico della sinistra e Commissario europeo dal 1999 al 2004, e le sue invettive verso i no global e il politicamente corretto, ha fatto sì che oggi il nome della giornalista fiorentina venga associato al panorama culturale di destra. Ignorata e dimenticata dalla sinistra, sono Lega e Fratelli d’Italia che la ricordano nel giorno della sua nascita e della sua morte, riempiendo i social con sue foto e citazioni per rafforzare le proprie posizioni e la propria identità di partito. Ma era davvero una donna di destra? Lo era diventata nell’ultima parte della sua vita?


L’Apocalisse
Per fare luce sulla questione non servono molte parole, ma basta leggere un passo del suo libro “Oriana Fallaci Intervista sé stessa – L’Apocalisse”: “Ormai Destra e Sinistra sono due volti della medesima faccia. Quando parlo di destra sinistra non mi riferisco a due entità opposte e nemiche, l’una simbolo di regresso e l’altra simbolo di progresso: mi riferisco a due schieramenti che come due squadre di calcio rincorrono la palla del Potere e che per questo sembran davvero due entità opposte e nemiche. Se le guardi bene però, ti accorgi che nonostante il diverso colore delle mutande e delle magliette sono un blocco omogeneo: un’unica squadra che combatte sé stessa”.
Bibliografia
- FALLACI, Oriana, Il sesso inutile. Viaggio intorno alla donna, Milano, Rizzoli Editore, 1961.
- FALLACI, Oriana, Un uomo, Milano, Rizzoli Editore, 1979.
- FALLACI, Oriana, Il mio cuore è più stanco della mia voce, Milano, Rizzoli Editore, 1997.
- FALLACI, Oriana, Oriana Fallaci intervista sé stessa. L’apocalisse, Milano, Rizzoli Editore, 1999.
- FALLACI, Oriana, La paura è un peccato. Lettere da una vita straordinaria, Milano, Rizzoli Editore, 2003.