Sono passati quindici anni dall’omicidio di Angelo Vassallo, primo cittadino – per più mandati – di Pollica, un piccolo paesino incastonato nella costa salernitana. Era la sera del 5 settembre 2010 quando il “sindaco pescatore” – così conosciuto perché insieme al fratello gestiva un’attività ittica e per la sua sensibilità per i temi dell’ambientalismo – fu ucciso da nove colpi di pistola nella sua auto, mentre tornava a casa. Un assassinio che per molti anni è stato avvolto da un alone di buio e mistero. A sbrogliare gli inquietanti fili della matassa e a dare un nome ad alcuni dei presunti responsabili dell’omicidio del sindaco è stata la richiesta di custodia cautelare in carcere nel novembre 2024, della procura di Salerno guidata dal procuratore capo Giuseppe Borrelli con i pm Elena Guarino, Marco Colamonici e Francesco Rotondo (confermata poi anche dal tribunale del riesame di Salerno) nei confronti del colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, l’ex maresciallo Lazzaro Cioffi, il collaboratore di giustizia Romolo Ridosso e l’imprenditore Giuseppe Cipriano. Per tutti e quattro l’accusa è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e da finalità mafiose.
Il presunto depistaggio
A spiccare è il nome del colonnello Fabio Cagnazzo – indagato dalla procura salernitana da un anno e mezzo – accusato di essere il mandante dell’omicidio del sindaco e di aver agito, secondo il gip, per occultare le prove presentandosi nella scena del crimine e svolgendo atti d’indagine quando era – nel 2010 – alla guida dei carabinieri di Castello di Cisterna nel napoletano. Cagnazzo quindi, secondo l’ordinanza del novembre 2024 è il presunto tessitore del depistaggio. Antonio Ingroia, legale dei fratelli di Angelo Vassallo, Dario e Massimo, intervistato da #Noi Antimafia ha detto che “la verità su questo omicidio è stata allontanata da un clamoroso depistaggio di uomini dello Stato, purtroppo appartenenti alle forze dell’ordine e coinvolti direttamente nell’omicidio – e ancora mette in chiaro – che erano presenti troppe stranezze e a nostro parere (dell’avvocato Ingroia e dei familiari, ndr) evidenti depistaggi per non essere sintomatici di un diretto coinvolgimento nel fatto omicidiario”. Il gip nell’ordinanza di custodia cautelare ha sottolineato, infatti, che “il meccanismo di depistaggio ordito dal colonnello Cagnazzo veniva attuato sin dalle prime fasi successive al delitto”.
Forze dell’ordine e criminalità organizzata
“Quello che dice l’ordinanza di custodia cautelare – afferma l’avvocato Ingroia – è un dato molto importante, oggi confermato dal tribunale del riesame di Salerno. In questo delitto si sono trovate le prove di quello che si è sospettato spesso in altri fatti di sangue, cioè che non ci fossero soltanto delle coperture, come a volte purtroppo spesso è avvenuto, da parte di uomini dello Stato verso uomini della criminalità organizzata, ma c’è stato un diretto connubio, una diretta compartecipazione nella realizzazione e nell’organizzazione del delitto visto che – continua – sono stati colpiti dal provvedimento cautelare due uomini dello Stato assieme a due uomini direttamente legati alla criminalità organizzata”.
I 23 minuti che incastrano il colonnello
Per iniziare a ripulire dalle macchie del depistaggio l’omicidio del “sindaco pescatore” la procura salernitana ha tentato di ricostruire quel che è accaduto il 5 settembre 2010. Dalle indagini è emerso che il colonello Cagnazzo la sera dell’assassinio stava andando a cena in un ristorante con un gruppo di persone, ma in concomitanza dell’orario in cui fu ucciso Vassallo si è allontanato per 23 minuti senza dare poi una spiegazione plausibile. Secondo il gip questi 23 minuti potrebbero coincidere con “una sua immediata attivazione concomitante al delitto, ad ulteriore conferma dell’esistenza di un previo accordo con i responsabili, dei quali conosceva ed aveva interesse a coprire l’identità”. La “scomparsa” del colonello Cagnazzo per quel lasso di tempo e in quel preciso momento non sembra quindi essere un coincidenza tanto che, nell’ordinanza del novembre 2024, gli inquirenti sostengono che “allontanatosi – Cagnazzo – dal centro di Acciaroli per circa 23 minuti in concomitanza con l’esecuzione dell’omicidio senza essere in grado di ricostruire i suoi movimenti e poi intervenuto sul luogo del delitto nell’immediatezza del rinvenimento del cadavere, possa avere avuto contezza del delitto dopo la sua esecuzione ed essersi accordato con esecutori e mandanti per la relativa copertura solo dopo la realizzazione del proposito criminoso”.
La pista del traffico di droga
I dubbi sono ancora molti soprattutto sul movente. La strada sulla quale si stanno concentrando le indagini della procura di Salerno è ad ora la scoperta di Vassallo di un importante traffico di droga al porto di Acciaroli, frazione del comune di Pollica. Secondo l’avvocato Ingroia questa “è la pista privilegiata; infatti la procura ritiene di aver trovato elementi che dimostrino la compartecipazione degli assassini di Vassallo anche nel traffico di droga. È noto – aggiunge il penalista – che Vassallo fosse molto impegnato su questo fronte senza escludere anche che la sua attività di pubblico amministratore aveva creato forti ostacoli alle organizzazioni criminali. Quindi c’erano tante ragioni per eliminarlo”.
“Il delitto prima della denuncia”
Le zone d’ombra, come racconta Ingroia, sono ancora molte e tra tutte ci si chiede “come gli assassini abbiano saputo che Angelo Vassallo aveva in qualche modo scoperto la verità e stava per denunciare queste cose visto che venne ucciso esattamente la sera prima di un appuntamento con un ufficiale dei carabinieri a cui avrebbe probabilmente raccontato tutto, compresi i nomi di chi lo avrebbe – poi – ucciso”. Il “sindaco pescatore”, infatti, secondo gli inquirenti, il 6 settembre 2010 avrebbe dovuto denunciare la verità, ma a quel giorno non arrivò mai. “Quindi – continua il legale dei fratelli Vassallo – evidentemente qualcuno, magari non intenzionalmente, in buona fede, ma non lo sappiamo, lo ha raccontato (della denuncia ndr) alle persone sbagliate. E il sospetto è soprattutto che possa essere stato raccontato al colonnello Cagnazzo”.
La lunga strada per la verità
Gli arresti del novembre 2024 segnano una svolta nella ricerca della verità sull’omicidio di Angelo Vassallo, ma la strada è ancora lunga perché, fa notare l’avvocato Ingroia “ci sono altri indagati a piede libero quindi riteniamo (Ingroia e i fratelli Vassallo, ndr) che le indagini non siano ancora concluse e ci auguriamo che se ci sono altre responsabilità vengano fuori”. Ma ancora, e questo dice molto sulla nebbia che ancora avvolge il 5 settembre 2010, Angelo Vassallo è stato ucciso nell’isolamento nel quale si era trovato, un isolamento istituzionale e politico come spesso purtroppo avviene in questi casi”. Sarà quindi la procura di Salerno a cercare di ricostruire, proseguendo nelle indagini, quanto accaduto al “sindaco pescatore”.