Mafia a Roma, la mappa criminale della capitale

Mafia a Roma, la mappa criminale della capitale

Sono passati dieci anni dall’operazione “Mondo di Mezzo”, che sembrava aver scosso la capitale fino alle fondamenta. Invece, a gennaio 2025, Roma è ancora qui, e Salvatore Buzzi, uno dei protagonisti dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”, conosciuta anche come “Mafia Capitale”, ha annunciato una causa per risarcimento danni da venti milioni di euro nei confronti degli amministratori giudiziari della cooperativa “29 giugno”.  Andiamo con ordine. Il 2 dicembre 2014 la capitale si sveglia con il suono delle sirene della polizia. Trentasette gli arresti e decine le perquisizioni, anche a casa dell’allora sindaco Gianni Alemanno. Secondo la procura, a Roma c’è un’organizzazione criminale di stampo mafioso che ha fatto affari con imprenditori e politici per accaparrarsi gli appalti pubblici. A guidarla sarebbero il presidente della cooperativa “29 giugno” Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, ex appartenente all’organizzazione terroristica dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari). Se la sentenza d’appello aveva dato ragione agli inquirenti, smentendo quella di primo grado del 2017, la Cassazione nel 2020 ha ribaltato l’esito, tornando alle conclusioni del verdetto di primo grado: l’organizzazione capitanata da Carminati e Buzzi non è mafia, solo un’organizzazione criminale semplice. Ma allora a Roma la mafia c’è o no?

Il quadrante est di Roma

Secondo una ricostruzione del giornalista Giuseppe Scarpa uscita a febbraio 2024 su Repubblica, il clan di Michele Senese, detto ‘o Pazzo continua a controllare tutto il quadrante sud est della città: Tuscolano, Appio, Cinecittà e Casilino. Senese è arrivato a Roma da Afragola, in provincia di Napoli, negli anni Ottanta. Il suo compito era scovare ed uccidere i sodali di Raffaele Cutolo, che con la creazione della Nuova Camorra organizzata stava sfidando la vecchia Camorra di cui i Moccia e Senese facevano parte. Sempre di Senese, ma in condivisione con la ‘ndrangheta è San Basilio, una delle più grandi piazze di spaccio d’Europa, ma i suoi tentacoli arrivano anche a Tor Bella Monaca, guidata da Giuseppe Molisso. Sia Senese che Molisso sono in carcere, ma questo non ferma i loro traffici. 

A ovest della capitale

Altro luogotenente di Senese è Leandro Bennato, anche lui in galera. Comanda su tutta Roma Ovest: Bravetta e Primavalle, Ottavia e Cassia. C’è poi quel che resta della Banda della Magliana, storica gang criminale romana. La Banda è nata negli anni Settanta e se all’epoca controllava tutta la capitale, adesso è rintanata a sud ovest, ossia nei municipi di Corviale, Magliana, Trullo, San Paolo, Garbatella e Ostiense. Anche l’Eur ha lo stigma della Banda della Magliana: è governato da Enrico Nicoletti, nipote dello storico “cassiere”. I Gambacurta si occupano di Trionfale e Boccea e i Casamonica comandano le zone di Romanina, Anagnina, Porta Furba, Tuscolano e Spinaceto fino a continuare verso sud est in direzione di Frascati, nella zona dei Castelli Romani. 

Nessun sovrano

Senza un chiaro capo rimangono le zone di Roma nord Flaminio-Parioli e quelle di Tiburtino-Collatino. Prima c’erano Fabrizio Piscitelli detto Diabolik e il suo socio Fabrizio Fabietti. Capo ultras della Lazio, Piscitelli guidava il gruppo di Ponte Milvio, quartiere di Roma Nord, abitato da molti napoletani, legati a ‘O Pazzo, e albanesi. Piscitelli, anche lui cresciuto all’ombra di Senese è stato ucciso il 7 agosto 2019 quando le sue mire espansionistiche sono diventate insopportabili per un sistema come quello romano: un sistema che non vuole capi. Il suo socio si è salvato solo grazie all’arresto ed è ancora – nel gennaio 2025 – in carcere. 

Un quadro in cambiamento 

Ma le separazioni non sono poi sempre così geograficamente definite. Può capitare che in alcuni quartieri altri clan si occupino solo di alcuni settori come Salvatore Nicitra, ex boss della Magliana, che tiene sotto controllo le slot machine della zona Tomba di Nerone. Ci sono poi i clan albanesi, tra cui spiccano i nomi di Dorian Petoku, Arben Zogu, Elvis Demce e Bardhi Petrit. A questo proposito Federica Angeli, cronista di Repubblica, che vive sottoscorta dal 2013 per le sue inchieste sulla mafia di Ostia, ha spiegato a #Noi Antimafia che “l’alleanza con i clan albanesi è frutto della volontà di Senese, che vedeva nei criminali romani troppo lassismo, non affine al modello militare camorristico. I clan albanesi, invece, sono più simili, ma da semplice manovalanza non faranno che crescere”. 

Il sostituto procuratore del tribunale di Roma, Mario Palazzi – protagonista delle operazioni che hanno decimato il clan Spada, i cui membri sono stati condannati per estorsione, mafia e corruzione con aggravante mafiosa –  ha specificato a #Noi Antimafia che si tratta di gruppi che “in realtà stanno sul territorio italiano da vent’anni e sono quindi inseriti stabilmente nel tessuto sociale romano, ma con un punto in più: le relazioni con i narcotrafficanti albanesi che sono sparsi in tutta Europa. La comunità criminale è quindi cresciuta negli anni, più in “qualità criminale” che in quantità”.

MalaOstia

Adesso è il momento di Ostia. Il quartiere più lontano dal centro che si affaccia direttamente sul mare. Per anni lì la malavita ha fatto affari, è cresciuta e si è radicata, ignorata da tutti. Federica Angeli ne racconta la storia criminale. “Fino al 2006 comandavano i Triassi, ossia la mafia agrigentina. I due fratelli Triassi avevano sposato le figlie di Cultrera e Caruana, cartello d’Agrigento in grado di muovere quintali d’eroina con l’America. Questo gli permetteva di ottenere una posizione privilegiata nel centro Italia. Nel 2007 però Vito Triassi viene gambizzato dai criminali Nasca, Roberto De Santis e Cappottone, Roberto Giordani, allora poco più che ventenni”.

Triassi è siciliano, una cosa del genere lì – ad Ostia –   avrebbe scatenato una guerra, e infatti questo è ciò che Vito Triassi voleva fare, ma ad impedirglielo è stato Carmine Fasciani. “Accanto al suo letto d’ospedale – continua Angeli – si svolge un vero e proprio summit, ma i carabinieri avevano piazzato una cimice e queste intercettazioni hanno fatto la storia. È in quel momento che il clan Fasciani diventa il più potente di Ostia e ai Triassi rimangono solo le slot machine”. 

Fine della pax a Ostia

Le cose hanno retto fino al 2013, poi si è tornati a sparare. Angeli aggiunge che “intorno a quell’anno Ostia diventa un punto strategico per l’equilibrio mafioso di tutta Roma. Il clan degli Spada, prima semplice manovalanza dei Fasciani, tenta la scalata e cerca di emanciparsi e lo fa tentando di accaparrarsi lo stabilimento balneare “Orsa Maggiore”, in un territorio dove gli stabilimenti sono preziosi come l’oro. Gli Spada cercano quindi di conquistare l’ingresso in una economia che dà prestigio e consente di riciclare denaro, ma contemporaneamente fanno anche la guerra ai Triassi cercando di levargli quel poco che gli era rimasto”.

Qui le date si fanno importanti e ravvicinate. Angeli racconta che “gli Spada tentano di ammazzare i fratelli Triassi nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2013. Dieci giorni dopo si assiste a una delle più grandi retate: l’operazione “Alba Nuova” che porta in carcere cinquanta persone tra Triassi e Fasciani. I Fasciani vengono considerati organizzazione mafiosa e per la prima volta si parla di mafia a Roma. La guerra ad Ostia quindi si arresta, ma per mancanza di numeri non certo per mancanza di volontà degli Spada”. Un equilibrio quindi viene raggiunto, ma poco più di dieci anni dopo troviamo che, come suggerisce Giuseppe Scarpa, i capi di Ostia sono adesso quei due giovani che anni prima avevano gambizzato Vito Triassi: Nasca e Cappottone.

L’unicum romano 

Il metodo che si è venuto a formare all’interno dell’organismo criminale romano sembra prendere spunto dal modus operandi della Banda della Magliana, che per prima a Roma ebbe l’intuizione di unire diversi gruppi. Pur chiamandosi “della Magliana”, infatti, la banda non era radicata solo in quella zona di Roma. Federica Angeli ha specificato che “l’emblema della mafia romana, anche se non ha avuto un riconoscimento nei tribunali, è stata la Banda della Magliana. Questa aveva una struttura orizzontale, opposta a quella verticale tipica di cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta”. La differenza con le mafie riconosciute la si rivede specialmente nella spartizione dei guadagni, “la banda era divisa in batterie e quando una di queste faceva una rapina a un portavalori, ad esempio, il ricavato si divideva tra le batterie, così il colpo era di tutti. L’essere spalmati così nella città rende davvero l’idea di come a Roma ci sia posto per tutti”. 

E in effetti le dimensioni della capitale non sono paragonabili a nessun’altra città italiana. A dirlo è anche Mario Palazzi. “Palermo è piccolissima rispetto a Roma, basti pensare che solo il X municipio, ossia Ostia, conta circa 220mila abitanti. Il suo scioglimento per mafia nel 2015, infatti, rappresenta lo scioglimento eccellente più grande fatto nella storia di questo paese”. Ma non è solo la grandezza dell’intera città a rendere il fenomeno mafioso così vasto e difficile da controllare, bisogna tener presente le caratteristiche specifiche del territorio. “Roma ha una cinta periferica enorme, dieci volte quella di Milano o di Napoli – continua Palazzi – a Piazza di Spagna non si spaccia, ma lì si fanno affari e si comprano gli immobili con il ricavato degli spacci di Tor Bella Monaca o del Quarticciolo”. 

Un equilibrio che rischia sempre di saltare

Spazi e occasioni per affari ce ne sono per tutti e l’unicum romano tiene bene nella maggior parte dei casi. Le controversie sono sempre risolte con nuovi accordi. Allora quand’è che l’equilibrio si rompe? Secondo Angeli succede “quando qualcuno ha delle mire e riproduce i metodi mafiosi del sud Italia”. Il nome che salta in testa è allora uno: Fabrizio Piscitelli. “Come si legge nelle intercettazioni – continua Angeli – ad un certo punto Piscitelli comincia a pretendere troppo, ossia che la ‘ndrangheta per smerciare cocaina nella capitale debba passare attraverso lui”. Vuole diventare capo di Roma, ma come abbiamo visto Roma non ha capi. “Le guerre ci sono non tanto quando un clan tenta di scavalcare l’altro, ma quando una delle personalità in gioco si sente investito di qualcosa di più grande e ha delle manie di potere”, conclude Angeli.  A questo punto è lecito chiedersi fino a quanto l’equilibrio ritrovato dopo la morte di Diabolik reggerà. Secondo quanto ha riferito Mario Palazzi a #Noi Antimafia: “Ci sono stati degli episodi violenti che denotano una certa vivacità nella riallocazione delle forze a Ostia” dove i clan Spada e Fasciani sono stati decimati dalle condanne. Nessuno però potrà dire se e quando i patti salteranno di nuovo. Se la storia insegna che persone con manie di potere sono sempre esistite, allora è probabile che qualcun altro tenterà di diventare re in futuro. Si tratta solo di capire quando.