A differenza di quanto accade con politici, magistrati e personaggi pubblici, la televisione e i nostri giornali non danno mai abbastanza spazio a cosa pensano ragazzi e ragazze sui temi legati alla legalità. Eppure ascoltare il loro pensiero è utile a capire qual è l’opinione della generazione del futuro su questi argomenti. Abbiamo intervistato quattro ragazzi, tutti diversi per età e modo di vedere il mondo.
Tra le prime cose emerse dalle nostre chiacchierate, una è stata chiara: legalità e giustizia hanno un rapporto molto stretto. “Legalità per me vuol dire giusto e ingiusto, da un punto di vista non solo legale ma anche etico”, ha dichiarato Mirko Sciscione,18 anni, studente dell’Itis Marconi di Latina e vicepresidente della Consulta provinciale degli studenti di Latina. Anche Rui Kai Ye, conosciuto come Mauro, nato e cresciuto in un paese vicino a Reggio Emilia, diciottenne del 4° anno dell’indirizzo relazioni internazionali per il marketing, all’istituto superiore IIS Blaise Pascal di Reggio Emilia, la pensa così. Alla domanda cos’è per te la legalità ha infatti risposto “la legalità riguarda la legge e la giustizia”.
L’importanza di parlare di legalità
“Di legalità non si parla abbastanza – ha affermato Mauro – nella nostra scuola per fortuna certi temi arrivano, abbiamo imparato che la mafia si trova anche al nord ormai, non solo al sud, e mi riferisco al circolo di denaro sporco, edilizia, beni confiscati”. Lo stesso accade a Formia (Latina), la città di Edoardo De Santis, 17 anni, rappresentante dell’istituto scientifico Alberti di Minturno (Formia) che ha raccontato: “Nella mia scuola e nella mia città, la legalità è un tema che trattiamo e che teniamo a cuore”. Nonostante molte scuole parlino di legalità durante l’anno scolastico, secondo i ragazzi non è sufficiente (addirittura in alcune scuole non se ne parla affatto).
Mirko, che come vicepresidente della Consulta provinciale di Latina conosce bene il suo territorio, non ha usato mezzi termini: “Il tema viene affrontato da molte scuole, ma da altre per niente o poco. Ci sono docenti che affrontano il tema non abbastanza, in quanto concentrati prettamente sul programma. Penso che siano formati per parlare di mafia, ma mancano della capacità di imparare insieme”.
Anche Elena Lusetti, 18 anni, ora a Berlino in Erasmus, che ha terminato il 4° anno dell’indirizzo relazioni internazionali per il marketing all’istituto superiore Blaise Pascal di Reggio Emilia, è d’accordo. “Siamo una scuola abbastanza aggiornata, ma è stato difficile trovare spazi in cui si parli di legalità: i docenti hanno poco tempo, ma per me non è una perdita di tempo approfondire queste tematiche”. “Siamo comunque fortunati rispetto ad altri istituti – ha però aggiunto – perché verso la fine dell’anno, nel 2024, è venuta la giornalista Federica Angeli a parlare di legalità”. “All’evento hanno partecipato solo alcune sezioni – ha spiegato -e bisognerebbe avere più occasioni come queste, perché le persone non hanno ben chiari questi temi”.
Vedo non vedo: i giovani percepiscono la criminalità?
Eppure l’illegalità non sembra essere un’emergenza. I giovani ne riconoscono la presenza nel territorio, ma sono consapevoli di come questa venga vissuta dalla comunità, e cioè come se fosse un fatto marginale. “Questi fenomeni si avvertono poco – ha dichiarato Mirko – visto che si fa finta che la mafia non esista. Io sono un cittadino attivo, quindi informandomi mi rendo conto di più cose. Sul territorio si verificano continuamente liti, pestaggi, che essendo ormai diventati all’ordine del giorno non vengono più percepiti come un’anomalia”.
Come Mirko, anche Mauro ha sottolineato che la questione della microcriminalità. “Parlarne – ha spiegato – è molto utile per evitare il fenomeno delle baby gang, che riguarda i giovani di 13/14 anni, ragazzi protagonisti di atti vandalici e violenti”. “Ad esempio – ha aggiunto – tempo fa una gang aveva buttato un anziano nella spazzatura. In più, ho saputo di atti vandalici commessi da ragazzi vicino alla stazione di Reggio Emilia (la zona più malfamata della città), anche se non li ho vissuti direttamente, per fortuna”. In generale, sembra che l’illegalità venga percepita come un’emergenza in particolare da chi, anche se giovane, si comporta già da cittadino attivo nella comunità soprattutto attraverso l’associazionismo.
La scuola: un antidoto contro le mafie
Al termine della nostra chiacchierata, abbiamo chiesto ai ragazzi di indicarci i possibili modi di combattere la criminalità. Due i punti messi in evidenza: la necessità di parlare di legalità nelle scuole e la mancanza di pene severe e controlli da parte delle istituzioni. “Bisognerebbe avere leggi forti che vengano messe in atto e rispettate da chi deve controllare, ha esclamato Elena. “C’è troppa gente corrotta – ha aggiunto – parlo di infiltrazioni…poi dall’alto si fanno le leggi ma se non c’è un controllo serio e specifico non si conclude nulla”.
Accanto alla rabbia, espressa di fronte all’inefficacia delle istituzioni, tutti loro hanno insistito sul ruolo fondamentale della scuola come spazio di educazione alla legalità. “Bisogna continuare a istruire i giovani – ha dichiarato Edoardo – i bambini soprattutto. Bisogna far capire loro che quella dell’illegalità non è la strada più semplice da perseguire”. Anche Mirko la pensa come Edoardo: “Bisogna parlare con gli studenti che ancora devono costruire il loro futuro. Le istituzioni devono portare le scuole a parlare di questi temi, è la cosa più grande che possano fare”.
È stato Mauro a riassumere il pensiero di tutti gli intervistati. Alla fine di un lungo confronto ha detto, con fare pacato ma diretto: “Dovremmo parlarne a scuola, sensibilizzando i ragazzi: solo così molte meno persone si legherebbero alla mafia, dovremmo impegnarci di più. Oggi in Italia non credo ci sia qualcuno che fa quello che facevano Falcone e Borsellino, non c’è una ricerca approfondita e non ci sono fondi per poter lavorare. Ci provano, ma secondo me non ci sono individui che hanno la volontà assoluta di Falcone e Borsellino, che hanno dedicato la loro vita a questo”.