Interviste sotto scorta, Marilena Natale: “Ormai sono i politici ad andare dalla camorra”

Interviste sotto scorta, Marilena Natale: “Ormai sono i politici ad andare dalla camorra”

“Quel giorno Francesco Schiavone non mi ha sparato ma mi ha uccisa lo stesso”. Marilena Natale, giornalista che dai primi anni ‘90 si occupa di criminalità organizzata nel nido dei clan della camorra, tra Aversa, Casal Di Principe e Maddaloni si occupa di inchieste sui reati ambientali nella “Terra dei Fuochi” e ha denunciato la corruzione politica nell’ambito della pubblica amministrazione in tutta la Campania. Ha lavorato per alcune testate giornalistiche e televisioni, ad oggi è in congedo perché consulente esterno della Commissione parlamentare antimafia. Nel 2023 ha pubblicato il libro autobiografico: “Io e Sandokan. Storia di una cronista di strada che ha sfidato la tigre”, edito da Marlin.

Come ha iniziato la sua carriera di cronista antimafia?

Ricordo che già da piccola avevo in me questo spirito di voler lottare contro gli abusi e i soprusi. Durante la mia adolescenza c’era la guerra tra le famiglie camorriste dei clan Cutolo e Bardellino, quando percorrevo la strada per andare a scuola, le saracinesche dei negozi saltavano per aria un giorno sì e l’altro anche. Fare la giornalista non era assolutamente nei miei piani, se mi avessero chiesto cosa mi sarebbe piaciuto fare da grande, avrei risposto di tutto, tranne che questo mestiere. Ho iniziato lottando per amore della mia terra, quando mi sono resa conto che c’era un sistema malato, scegliendo di raccontare quello che accadeva, e tuttora accade, attraverso i blog online e i miei video su Facebook. Dopo poco tempo dall’apertura del mio profilo, la mia casella Messenger, era diventata una sorta di ”ufficio denunce”. In quello spazio le persone hanno iniziato ad avere fiducia nel mio lavoro, si rivolgevano a me per segnalare e raccontare i fatti che vivevano, ne ricevevo a decine e decine. Se i social possono dare la parola a legioni di imbecilli – come è evidente che sia – e anche fomentare la camorra, nella mia Campania, nella nostra situazione disastrosa, infettata dalla mafia, dalla politica corrotta e dai veleni dei rifiuti tossici, sono stati invece una fonte preziosa per la popolazione. Tantissimi arresti sono partiti grazie alla mia voce.

Da quando vive sotto scorta e perché le è stata assegnata?

La protezione dei carabinieri mi è stata data il 10 febbraio 2017. Stavo lavorando nell’ambito dell’occultamento illecito delle scorie tossiche nella “Terra dei Fuochi” a Casal Di Principe, regno del boss Francesco Schiavone. Tre giorni prima, il 7 febbraio, arrestano Walter, suo figlio. Francesco (Schiavone ndr), in carcere, parlando di me durante un colloquio con l’altro figlio, Ivan, mima con la mano il gesto della pistola alla tempia. A due giorni da quell’intercettazione vengo condotta in procura e mi viene comunicato che la mia libertà da quel momento sarebbe finita. Se parlo della mia scorta, ancora oggi, ho i brividi, perché non la volevo accettare nella maniera più assoluta, ho pianto disperatamente.

Da chi la protegge lo Stato?

Lo Stato mi protegge dal clan dei Casalesi, da Francesco Schiavone, ma anche da tanta altra gente, Zagaria, Bidognetti. Ho perso il conto di quante volte sono stata minacciata verbalmente e attaccata fisicamente in questi anni. Paradossalmente sono entrata in serio pericolo quando ho iniziato a collegare la mafia alla politica: è stato un disastro. Si sono presi la cosa più preziosa al mondo per me, la mia libertà, me l’hanno tolta, portata via. Vivo condannata senza aver commesso alcun reato, mentre Ivan Schiavone, che ha preso l’ordine dal padre di farmi fuori, è ancora libero.

Cosa è emerso dalle sue inchieste sulla “Terra dei Fuochi”?

Di tutto e di più, sono oltre vent’anni che denuncio e documento questa situazione. Nel 2014 a Maddaloni, in provincia di Caserta, venne fatto un carotaggio nel terreno della cava Monti, diventata negli anni una discarica a cielo aperto, ma che in passato veniva utilizzata per estrarre il tufo che serviva per costruire gli edifici. Si scoprì che tra le scorie era presente la pirite: ne rimasi sconvolta, chiedendomi come ci fosse finito in Campania un prodotto derivante dagli scarti delle produzioni toscane. Era evidente che fosse arrivata dal Nord grazie ai traffici della mafia.

Poi quando lavoravo per una rete televisiva, sempre nell’entroterra casertano, nel 2017, ho seguito una grossa operazione sempre riguardante gli scavi per trovare i rifiuti tossici occultati illecitamente. In quel frangente, nonostante tutto il disastro che trovarono, non venne mai fatta la bonifica del terreno, la camorra ci aveva messo il suo zampino. Dato che la falda acquifera è inquinata, a Casal di Principe sono ormai 20 anni che c’è il divieto di avere i pozzi artesiani, ma si continua a coltivare, perché la rete idrica non c’è. Le persone qui si ammalano e muoiono, ho documentato i casi negli ultimi 6 mesi. Più di 10 bambini si sono ammalati di cancro e sono state fatte circa 40-50 nuove diagnosi di tumori infantili, oltre a mesoteliomi, sarcomi e leucemie, ma nessuno ne parla.

Come si potrebbe risolvere il problema dell’inquinamento?

Il problema potrebbe attenuarsi, non risolversi. Si dovrebbe procedere con le bonifiche, ci sarebbe una regione intera da bonificare, ma non viene fatto a causa degli interessi del malaffare. Qualcuno dice che le cifre dei morti nelle zone infettate dai rifiuti tossici nel casertano, sono uguali a quelle riscontrate a Brescia, questo non è un paragone possibile da fare, qui le industrie del nord non ci sono, si muore perché la terra è avvelenata da tutto quello che c’è sotto e sopra.

Qual era il rapporto tra politica e camorra in questi territori?

La politica si corrompe. Nel 2014, sono andata a seguire il processo del collaboratore di giustizia Antonio Iovine, lui ha detto una frase, al pubblico ministero Antonella Ardituro, che mai potrò dimenticare “Dottò non eravamo noi ad andare dai politici ma erano loro che venivano da noi. Mettevamo persone a destra e a sinistra, così quando c’erano le elezioni il cittadino poteva scegliere secondo i suoi ideali, ma quello che vinceva era comunque dei nostri”. Questa testimonianza spiega tutto. A Casal Di Principe con l’amministrazione di Renato Natale, in 10 anni è stato fatto l’impossibile, dovevano e potevano essere fatti interventi seri, ma la camorra ne ha impedito la realizzazione.

Prendiamo il fenomeno dell’abusivismo, la legge giustamente dice che si devono buttare giù le case, tuttavia le persone che le hanno costruite lo hanno fatto per necessità, quando non esisteva un piano urbanistico. I politici collusi con i clan, non lo hanno mai redatto nel corso degli anni. Abbiamo avuto 10 prefetti condannati per mafia. Un consigliere regionale ha fatto dimettere un direttore a suo avviso non congeniale al sistema mafioso massonico. Dove non arriva la camorra a fare danni, arriva lo Stato. Perché se è vero che la mafia prolifera dove lo Stato manca, lo Stato stesso, quando si è insediato, con i vari governi che si sono succeduti negli anni, non si è rivelato in grado di fare del bene per questi territori, non hanno saputo fare il proprio lavoro.

Anno 2024: la situazione è ancora così?

Sì, solo 20 giorni fa, ad ottobre 2024, a San Cipriano di Aversa, holding del malaffare casalese, il sindaco non avendo un’aula comunale, teneva il consiglio in una stanzetta privata, senza alcuna opposizione e non ne pubblicava la data, per farsi ”i fatti suoi con gli altri”. I cittadini ne erano all’oscuro. L’ho scoperto, non ho taciuto, mi sono presentata sul luogo, dicendo loro che stavano commettendo un reato. Quest’anno in seguito ad una mia diretta sul caso Giovanni Zannini i carabinieri mi hanno chiamata, sono stata ascoltata e la procura ha avviato le indagini che hanno portato ai processi per concussione e corruzione.

Questo sistema è ovunque, a San Luca, in Calabria, non si riesce a votare un sindaco. Con la commissione parlamentare antimafia ci siamo recati nel paese già due volte, ho perfino proposto di candidarci noi come membri della commissione alle prossime elezioni. La mia terra ha bisogno di nuove forze dell’ordine, fresche, tanti agenti sono andati in pensione, molti sono ormai anziani. Mi trovo in un territorio dove se un giorno c’è la partita di calcio, per organizzare l’ordine pubblico, i vigili urbani devono fare i salti mortali per avere una volante disponibile. Per fare qualcosa di serio dovrebbero rafforzare i reparti anticrimine.

Il recente pentimento di “Sandokan” avrebbe potuto cambiare qualcosa?

No, se ti penti devi dire la verità su tutto quello che hai fatto, il suo non era un pentimento ma convenienza, lo ha fatto per uscire dal carcere dove è detenuto dal 1998. Francesco Schiavone poteva far luce sui morti vecchi o parlare delle coperture avute in carcere. Non ha detto dove si trova il suo grande patrimonio miliardario, i soldi del clan non sappiamo dove siano. Se “Sandokan” avesse parlato, decidendo di ripartire da zero con la sua vita, allora avrei anche potuto pensare ad un tentativo reale di redenzione, ma non ha mai detto nulla di serio o ha riportato fatti dei quali la procura era già a conoscenza. Il procuratore antimafia Nicola Gratteri è una persona estremamente intelligente, troppo in gamba per farsi fregare da un “bufalaro”, come lui stesso si definisce, “Ciccio o bufalaro”. Il clan ad oggi è attivo quindi non cambia niente. Per combattere il fenomeno mafioso dobbiamo cominciare dal basso, dai giovani, dai ragazzi in strada, dalla loro educazione.

A questo proposito possiamo fare un parallelo con le recenti morti dei minorenni a Napoli?

Certamente, ci sono ragazzi che muoiono perché hanno pestato una scarpa. Non sto salendo in cattedra, ma a mio avviso è venuto a mancare il ruolo genitoriale. Le scuole sono diventate un parcheggio umano, i genitori sono distratti, delegano alle insegnanti il ruolo educativo. Mamme e papà connessi perennemente ai social e i figli restano fino all’alba in mezzo alla strada. Si devono impartire regole solide a questi minorenni, nel loro piccolo mondo e micro governo di casa. Ho fatto un’inchiesta, nel 2021, sugli accessi dei minori in pronto soccorso, a 14 anni arrivano in shock etilico e le famiglie non lo sanno nemmeno. I genitori lavorano, la vita è difficile, lo comprendo, ma come possiamo pensare che queste nuove generazioni rispettino le regole nel mondo esterno, se non le hanno imparate prima nel nucleo familiare.

Manca la morale, stiamo assistendo ad una decadenza dei costumi morali irreparabile, il dio denaro la fa da padrone. Se compri una giacca di marca da 500 euro a tuo figlio o un orologio da 1000, perché pensi che sia bello e bravo, poi fuori lui fa il criminale, hai fallito la tua funzione educativa. Poi i ragazzini di basso ceto, per salire al livello dei pari più abbienti, si mettono a fare le rapine. Oggi i teenager che girano con la pistola non hanno più come miti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ma i protagonisti di Mare Fuori e Gomorra. Trovo giusto che guardino queste serie, ma se non hanno qualcuno che gli insegni cosa vuol dire realmente essere detenuti a Nisida, loro non possono arrivarci da soli. Bisognerebbe formare i figli interiormente, creare uomini e donne di sani principi per l’amore del prossimo.

Lei fa parte dei 22 giornalisti sotto scorta, cosa significa vivere e lavorare in questa condizione?

Da madre soprattutto e da donna è difficilissimo. Ho tre figli ormai grandi, ma è complicatissimo. Devi modificare tutta la tua vita, il modo di fare il tuo lavoro, anche la tua privacy quotidiana, se vado in bagno la scorta deve entrare prima di me. Oggi non posso andare in un centro commerciale, non ho più la libertà di prendere un caffè, sono seguita h24. Nonostante i nostri agenti ci vogliano bene, ci proteggano e lo facciano per la nostra incolumità, noi, io e i miei 21 colleghi, non siamo più liberi. Credo che quando un giornalista finisce sotto protezione muoia un po’ di democrazia, noi siamo già in 22. Nel tempo la storia ci ha insegnato che se ci vogliono far fuori ci ammazzano lo stesso e sono arrivata al punto di pensare che se proprio mi vogliono uccidere spererei lo facessero quando sono sola, perché a questi ragazzi gli danno solo una medaglia. Ho addosso la responsabilità della vita dei miei 4 uomini e delle loro famiglie che li aspettano a casa, oltre a tutto il resto ed è un peso enorme per me.

Dove trova la forza per non arrendersi?

Sono infuriata nera con questa vita, vivo una prigionia senza aver fatto niente di male. Però è una mia scelta, nella mia terra si dice: “fai del bene e scordati, fai del male e ricordatelo”. Io farò sempre del bene agli altri, perché così mi hanno insegnato i miei genitori. Molte volte le persone non hanno fatto altrettanto con me. È più facile attaccarmi che difendermi, sono una scorza dura. Quando sono andata a parlare con Francesco Schiavone nel 2012, insieme a Don Maurizio Patriciello, mi sono resa conto che la mia terra non aveva bisogno di scoop, aveva bisogno di una cassa di risonanza. Quindi il bene principale per me ora, il mio obiettivo per andare avanti è la mia Campania. Vado dritta come un caterpillar, lavorando e abitando qui. Non la salvo la mia terra, la mafia non la sconfiggo, ma almeno ci ho provato e ho la coscienza pulita.