Ibristofilia, ovvero perché ci si innamora del male
Jeffrey Dahmer, uno dei massimi esempi di ibristofilia.

Ibristofilia, ovvero perché ci si innamora del male

I criminali hanno da sempre affascinato il grande pubblico, soprattutto quando la spietatezza delle loro mani è andata di pari passo con la bellezza dei loro volti. Non è facile comprendere il perché, ma non è raro leggere le storie di amori che nascono guardando le loro facce dietro le sbarre del carcere.

Lettere d’amore in carcere

Si chiama ibristofilia l’attrazione fisica e mentale che si prova verso un criminale. Il termine, coniato dallo psicologo John Money nel 1986, indica un fenomeno affatto isolato, che coinvolge sia uomini che donne e che si è manifestato sotto varie forme nel corso della storia recente. Emblematico è il caso di Jeffery Dahmer, noto come “il cannibale di Milwaukee” per aver mangiato parti del corpo di alcune delle sue 17 vittime tra il 1978 e il 1991. Eppure l’orrore dei suoi gesti, che ha scandalizzato mezzo mondo, non ha dissuaso alcune ammiratrici, che durante il suo periodo di detenzione inviavano regolarmente delle lettere di apprezzamento e di conforto.
Lo stesso meccanismo si innescò con i fratelli Lyle ed Erik Menendez, autori dell’omicidio dei due genitori nel 1989. Durante la prima fase del loro processo, i due vennero investiti da un’enorme ondata di popolarità, che rimase intatta tra le ammiratrici che non esitarono a scrivere loro durante il periodo della detenzione (ancora in corso).

E non sono solo semplici cittadini a farsi ammaliare dal fascino del criminale. Richard Ramirez, arrestato nel 1985 dopo aver commesso ben 16 omicidi, riuscì ad attrarre una guardia giurata del carcere in cui era detenuto, che gli consegnò un cupcake con su scritto “Ti amo”. Lo spietato rubacuori riuscì addirittura a sposare in carcere Doreen Lioy, giornalista di una rivista locale che prima intraprese una corrispondenza epistolare con lui.

Luigi Mangione: il criminale star del web

Giovane, benestante e laureato nella prestigiosa università della Pennsylvania, eppure il 4 dicembre 2024, Luigi Mangione ha ucciso Brian Thompson, ceo della compagnia assicurativa UnitedHealthcare, da sempre grande player della sanità privata negli Stati Uniti. Nonostante questo, sui social il vero protagonista non è stato l’omicidio brutale, ma la bellezza del giovane killer. Video, foto e commenti hanno alimentato l’immagine di quello che è diventato un eroe romantico, un Robin Hood in grado di lottare da solo contro le ingiustizie del sistema sanitario americano e delle assicurazioni.
Un vero e proprio fenomeno quello di Mangione, tanto che Amazon, il gigante dell’e-commerce, è stato costretto a vietare la vendita di articoli che esaltavano il personaggio e la sua impresa, come magliette e berretti ritraenti il 26enne italo-americano. Secondo quanto riportato da Complex, la piattaforma multimediale americana che si occupa di moda, musica e altre tematiche giovanili, la giacca indossata da Mangione il giorno dell’omicidio è andata ruba in poco tempo.

I casi italiani di ibristofilia

Non solo America. L’Ibristofilia riguarda anche l’Italia. Una delle vicende più note è quella di Erika Di Nardo, autrice dell’omicidio della madre e del fratello a Novi Ligure nel 2001, che iniziò una vera e propria relazione con il ragazzo che le scriveva durante il periodo della sua detenzione. Ebbero una corrispondenza epistolare anche Pietro Maso, autore dell’omicidio dei due genitori nel 1991, e Renato Vallanzasca, il brigante del nord noto per i suoi omicidi, i sequestri di persona e le rapine a mano armata dagli anni ‘60 agli anni ‘80.
Emblematico è anche il caso dell’esaltazione del criminale Benno Neumair, che affogò i suoi genitori nel fiume Adige nel 2021. Questo atto spietato non ha impedito a più di 750 membri di iscriversi al gruppo Facebook “Le bimbe di Brenno Neumair”, nato proprio per sostenere il killer.