Che rapporto c’è tra i media e il potere giudiziario? Negli ultimi anni questo legame è sempre stato molto stretto, tanto da generare polemiche non solo dal mondo della politica, ma anche da quello di una parte dell’informazione. Che il rapporto sia forte è emerso chiaramente durante il convegno “Etica e Giustizia”, promosso dalla Scuola Superiore di Magistratura, dal Consiglio Nazionale Forense (Cnf) e dall’Ufficio Studi e Formazione della Giustizia Amministrativa. In questa occasione Francesco Greco, presidente del Cnf, ha proposto la creazione di una carta deontologica su giustizia e informazione. L’obiettivo è regolamentare il legame esistente tra i due poteri e dare così un buon servizio ai cittadini.
Mani Pulite, l’inchiesta che segna l’inizio di un idillio
Se si cerca una data in cui inizia un rapporto tra la giustizia e l’informazione è sicuramente il 1992. È in quell’anno che, con la grande inchiesta di Mani Pulite, si è creato un legame sempre più stretto tra pm e giornalisti. Le procure sono diventate protagoniste sui giornali e i giornali sono diventati compagni di viaggio delle procure. “Dall’inchiesta Mani Pulite c’è stato uno sbandamento del potere mediatico – ha detto Vincenzo Rosario Spagnolo, cronista di Avvenire – i giornali avevano alimentato nel popolo una fiducia eccessiva sui magistrati e si è creduto (erroneamente) che con i processi e le manette si potesse cambiare la situazione politica. Si è parlato a lungo di processi celebrati sui giornali e mediatizzazione degli arresti – ha continuato Spagnolo – ci sono stati degli eccessi che hanno sbilanciato il rapporto tra media e giustizia, come ad esempio il caso di Enzo Carra (il giornalista e politico che nel 1993, in piena Tangentopoli, fu portato in tribunale con le manette ai polsi, ndr)”.
Il calo della fiducia
Negli ultimi anni la fiducia nella magistratura è diminuita costantemente, tanto che, secondo un sondaggio condotto da Eumetra, il 53,3% degli italiani non ha fiducia nel potere giudiziario. “Oggi io penso che la magistratura disponga di un potere almeno due volte più grande del potere politico – ha spiegato – Hoara Borselli, editorialista de Il Giornale – Questo l’ha portata ad esporsi e a mostrare sia la sua debolezza professionale sia il suo eccesso di arroganza. Sono questi due elementi che ne hanno intaccato la credibilità”. “Ci sono tante vicende che si sono verificate nel tempo, diversi scandali interni alla magistratura che, immagino, hanno avuto un effetto sui cittadini. Penso, per esempio, al caso Palamara – ha detto Federica Stea, giornalista pugliese – Certo, in alcuni casi il giustizialismo spinto potrebbe non aver reso un “buon servizio”, coinvolgendo non solo l’immagine dei magistrati, ma anche quella degli stessi media. Ad ogni modo, non credo che sia quest’ultimo il motivo principale del clima di sfiducia”.
Una carta etica comune: soluzione o illusione?
Che il rapporto media-procure sia stretto è evidente nei fatti, tanto che durante il convegno “etica e giustizia” Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ha accolto la proposta di Greco pensando alla possibilità di scrivere una carta etica condivisa tra magistrati, avvocati e giornalisti. La soluzione proposta però non è stata ben accolta da tutti. “L’idea di un codice morale non mi convince, resta dentro quel modo di pensare che assegna alla magistratura stessa l’unico ed esclusivo diritto di autodisciplinarsi – ha concluso Hoara Borselli – Io invece credo che serva una riforma drastica che limiti e dimezzi il potere assoluto della magistratura. Per esempio riducendo ai minimi termini la possibilità degli arresti preventivi o introducendo la responsabilità civile personale del magistrato, ma anche dimezzando, almeno, le possibilità di intercettazione, oppure con la separazione delle carriere”.