Con 199 voti a favore e 102 contrari, la Camera ha approvato in via definitiva il decreto Nordio, un disegno di legge che ha portato cambiamenti significativi nel sistema giudiziario italiano. Tra gli otto punti che formano il documento, uno dei più discussi è quello che riguarda le intercettazioni e la tutela del terzo escluso. Ma cosa cambia veramente ora per l’informazione?
Le novità della riforma
Il decreto Nordio prevede che non possano più essere pubblicate le intercettazioni di persone non direttamente coinvolte nelle indagini, o quelle che non siano rilevanti a livello processuale. Sarà compito del giudice tagliare le parti delle conversazioni dove viene coinvolto un soggetto che non ha rilevanza ai fini del procedimento. Inoltre, nelle ordinanze dei giudici e nelle richieste di misura cautelare dei pm, non potranno essere inseriti dati personali di soggetti estranei al provvedimento (tranne quando emergono elementi significativi).
Decreto Nordio: i dubbi dal mondo dell’informazione
La riforma cambierà anche il modo di lavorare del giornalista giudiziarista, che nei suoi pezzi potrà inserire solo le intercettazioni che il pm ha ritenuto essere utili al proprio lavoro. “La riforma Nordio – ha dichiarato Graziella Di Mambro, caposervizio e referente di Articolo 21, associazione che promuove il rispetto della libertà di pensiero – cerca di sostituire del tutto il ruolo del giornalista affidando ai pm il compito di riassumere il contenuto delle intercettazioni, lasciando quindi un margine di interpretazione che equivale al contrario di una cronaca fedele dei fatti e del contenuto degli atti”.
“Per esperienza – ha aggiunto Di Mambro – posso dire che molte volte una frase, da sola, riassume quasi tutta un’indagine, è emblematica. Ad ogni modo non si può, come cercano di fare tutte le recenti riforme, traslare la procedura penale alla cronaca giornalistica. Noi di Articolo 21 e tanti come noi, in primis gli organismi di categoria, crediamo che si debbano lasciare alla sensibilità e alla professionalità del giornalista la libertà e la responsabilità, di individuare e pubblicare la notizia. Infine va detto che la legge Nordio spacciata per una riforma della giustizia si è rivelata un bavaglio. L’Europa ci chiede di accelerare i tempi dei processi e non si comprende cosa c’entri il divieto di pubblicare le intercettazioni dei procedimenti penali”.
Una legge giusta per la maggioranza (e non solo)
“Con la legge Nordio le intercettazioni continueranno ad essere utilizzate, in quanto rimangono uno strumento utile, ma vanno coniugate con il principio di riservatezza e di tutela della privacy, soprattutto delle persone non indagate”, ha spiegato Pietro Pittalis, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Commissione giustizia alla Camera. “La stretta – ha specificato l’onorevole Pittalis – non riguarda i reati di mafia, delle organizzazioni criminali dedite allo spaccio di droga e in generale i reati più gravi, come ad esempio quelli di violenza sessuale o quelli che riguardano i minori”.
La legge è stata approvata anche grazie ai voti di due partiti d’opposizione, Azione e Italia Viva, che dall’inizio del percorso legislativo hanno sempre appoggiato la riforma. “La riforma della giustizia è un tema molto importante per noi, specialmente per quanto riguarda il rafforzamento del concetto di presunzione d’innocenza”, ha infatti affermato Davide Zingaretti di Azione. “Il ddl Nordio – ha aggiunto – è andato in questa direzione sia per quanto riguarda l’aspetto delle intercettazioni, sia per l’abrogazione del reato d’abuso d’ufficio”.
L’opposizione all’attacco: Pd e M5S contro il decreto Nordio
Non sono affatto mancate aspre critiche alla riforma da parte delle opposizioni, che da tempo ormai gridano al bavaglio mediatico e alla riduzione della libertà d’informazione. “La riteniamo una delle norme più illiberali, più scombinate degli ultimi decenni”, ha dichiarato Paolo Ferrara, consigliere comunale di Roma Capitale del Movimento 5 stelle. “Con questo ddl – ha concluso – andiamo veramente verso il rafforzamento dell’illegalità”. “La soluzione adottata da Nordio di non mettere i nomi quando le persone non sono direttamente coinvolte nelle indagini porterà a creare più sospetti sulle persone in qualche modo associabili a quell’ambiente”, ha dichiarato Rachele Scarpa, deputata del Partito Democratico, che ha specificato come “nel tentativo di tutelare la riservatezza si voglia arrivare all’impossibilità di realizzare le indagini”.
Dure critiche sono arrivate anche da una parte del mondo dell’informazione. “Il contesto delle norme Nordio è peggiore del contenuto”, ha affermato Giuseppe Giulietti, giornalista e portavoce di Articolo 21. “Questo è l’unico paese – ha aggiunto – dove c’è un uomo sotto scorta per minacce fasciste (il riferimento è al giornalista Paolo Berizzi, ndr), dove si mette sotto i riflettori chi fa le inchieste e non l’inchiesta. Tutta la stampa internazionale denuncia la situazione italiana”.
Non solo il ddl Nordio: l’emendamento Costa
Non si è fermato con il ddl Nordio l’azione del governo riguardo la pubblicazione degli atti giudiziari. Il consiglio dei ministri ha approvato infatti anche l’emendamento presentato dal deputato di Azione Enrico Costa, che vieta la pubblicazione testuale delle ordinanze di custodia cautelare. Di questi documenti potrà essere pubblicata solamente la sintesi del giornalista.
Chiara è l’opposizione alla norma da parte di molti esponenti del mondo del giornalismo. “Negli ultimi trent’anni sono state pubblicate conversazioni irrilevanti che hanno esposto mediaticamente persone non coinvolte nei processi” ha detto Vincenzo Rosario Spagnolo dell’Avvenire “ma impedire la pubblicazione di alcune carte e affidarsi solo al riassunto del giornalista può mettere in discussione il diritto del cittadino di essere informato”