ESCLUSIVA/ Roberta Bruzzone: “Attenzione a come si racconta il male: si può favorire la fascinazione”
Roberta Bruzzone

ESCLUSIVA/ Roberta Bruzzone: “Attenzione a come si racconta il male: si può favorire la fascinazione”


I criminali non sono presenti solo nelle carceri o nei tribunali, ma anche in tv e sui social. Disgustano, fanno paura, ma allo stesso tempo affascinano. Che ruolo ha in tutto questo il cinema? E soprattutto: chi sono i criminali che si nascondono nei panni delle persone ‘normali’?
Ne ha parlato in esclusiva a #Noi Antimafia Roberta Bruzzone, criminologa e psicologa forense dall’esperienza ventennale, nota per aver tracciato il profilo psicologico di molti dei più noti criminali italiani.

Dopo che Luigi Mangione ha ucciso Brian Thompson, ceo del gigante assicurativo UnitedHealthcare, sui social è partita la celebrazione della sua bellezza. Perché?

Questo ragazzo è stato raccontato come un Robin Hood, un uomo che vendica la popolazione contro la lobby delle assicurazioni sanitarie, un tema caldo in America perché colpisce un’ampia fetta di popolazione. È nato così un eroe romantico, e per accentuare la sua beatificazione è stata messa in risalto la sua bellezza fisica. La radice di tutto però sta nel fatto che molte persone si sono identificate in questo tipo di gesto.

Un criminale può affascinare anche per la narrazione che se ne fa?

Certamente i media fanno la differenza per quanto riguarda la percezione di un crimine tra l’opinione pubblica, a volte distorcendo la verità. Ad esempio, la serie Netflix su Yara Gambirasio – “Il Caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”, che tratta dell’omicidio della tredicenne di Brembate di Sopra e del suo assassino, Massimo Bossetti, ndr -, ha dato una lettura parziale del caso, alimentando fuori dalle aule dei dubbi che non esistono nella vicenda giudiziaria.

C’è il rischio che queste serie possano spingere le persone ad imitare quello che vedono?

No, lo escludo. Sicuramente persone che hanno già in mente di commettere omicidi, soprattutto per ragioni economiche, a volte prendono ispirazione da alcune serie crime. Un caso di questo tipo, tra i vari, è quello del trio criminale che nel 2021 ha assassinato Laura Ziliani, ex vigilessa di Temù (Brescia). Il problema vero però è che molti possono affezionarsi a teorie sgangherate che a volte sostengono queste serie, arrivando a giudicare colpevole o innocente una persona senza avere gli strumenti per farlo. Può accadere anche che vengano messe in campo anche delle condotte d’odio nei confronti di chi sostiene la tesi opposta.

Che effetto hanno le serie crime sui familiari delle vittime?

Devastanti. I genitori di Yara Gambirasio sono uscirti a pezzi da quella serie. La decisione di mandare in onda gli audio disperati dei familiari inviati durante le ricerche, che non erano confluiti nel processo perché ritenuti superflui, è stata una scelta discutibile e la famiglia ha preso iniziative legali. In generale, se le serie non sono coerenti con il dato giudiziario, la famiglia ne esce a pezzi.

Molte persone sono stupite nel vedere crimini terribili compiuti da persone ‘normali’…

La fermo subito. Quanti uomini apparentemente normali sono stati in grado di fare cose terribili per anni? Pensi al caso di Giselle Pelicout, sfruttata sessualmente in momenti di incoscienza dal marito. La normalità non è un paramento affidabile e non può essere usato per escludere certe persone da certi comportamenti. So bene cosa si nasconde nei meandri della mente degli esseri umani, e posso assicurare che i predatori peggiori sono bravissimi a sembrare le persone più innocue del mondo.

Lei parla spesso di narcisismo, ma una persona narcisista è pericolosa per definizione?

È sicuramente una persona che può fare molti danni intorno a sé, dal punto di vista fisico, psicologico, economico, relazionale e familiare. Il disturbo di personalità narcisistico si manifesta in modi diversi, ma tutte le persone che ne soffrono hanno un’insita pericolosità, visto che il loro modo di vivere poggia proprio sullo sfruttamento di chi gli capita a tiro. Questo può essere devastante.

Ma il disturbo di personalità narcisistico come porta ad atti criminali così violenti?

Quando lo riscontriamo negli assassini, il disturbo narcisistico, parliamo di soggetti malevoli che si sono sentiti smascherati nella loro dimensione manipolativa. Quindi queste persone sono spinte o da un ritorno economico o da un senso di fallimento e di inadeguatezza che viene a galla. È il caso di Alessandro Impagnatiello, che ha ucciso la compagna Giulia Tramontano perché il bambino che aspettava avrebbe ostacolato lo stile di vita a cinque stelle che voleva vivere, visto che un figlio comporta molte spese. Lo stesso riguarda Filippo Turetta, che ha ucciso Giulia Cecchettin perché, essendo più brava di lui all’università, metteva in luce la sua inadeguatezza.

I criminali sono dei malati o scelgono di fare del male?

Nella stragrande maggioranza dei casi i criminali non sono affetti da nessuna patologia. Non sono malati, ma persone che sanno perfettamente quello che fanno, e nonostante comprendano la gravità dei loro atti, procedono e basta. Per considerare un criminale folle, dobbiamo mettere in dubbio la sua capacità di intendere e di volere. Questo però accade assai raramente.

Che ruolo ha la famiglia nella crescita e nella formazione di un criminale?

Un ruolo determinante. La maggior parte degli assassini arriva a sviluppare personalità malevole dopo una serie di esperienza disfunzionali nel perimetro della famiglia. In particolare, sono importanti i primi 3-4 anni di vita dell’essere umano, determinanti per seminare il germe della violenza.