Anzio e Nettuno: c’era una volta la ‘ndrangheta che ha divorato il litorale romano

Anzio e Nettuno: c’era una volta la ‘ndrangheta che ha divorato il litorale romano

Nel novembre 2022 il Consiglio dei ministri scioglieva le giunte comunali di Anzio e Nettuno, cittadine simbolo del litorale romano, per infiltrazioni mafiose. La decisione poneva fine a una turbolenta vita amministrativa, cominciata nel segno di sospetti di voto di scambio e conclusasi con l’imponente operazione “Tritone”, l’indagine della Dda – Direzione distrettuale antimafia – di Roma che ha portato allo scoperto la rete criminale di matrice ‘ndranghetista di cui, secondo gli investigatori, sarebbe impregnato il tessuto economico, sociale e politico delle due città. Tratteggiati dalle indagini come veri e propri avamposti mafiosi alle porte della Capitale, oltre che moli della droga, Anzio e Nettuno continuano ad essere al centro dell’attenzione degli inquirenti, ora alle prese con i possibili legami tra esponenti politici e malavita.

I tentacoli della mala calabrese nei borghi pontini

Non solo: la maxinchiesta dell’antimafia ha messo in luce nel 2022 come le mani della ‘ndrangheta avessero raggiunto anche i borghi pontini, oltre alla vicinanza tra le ‘ndrine del litorale con il clan Di Silvio. Più recente, invece, l’arresto nel luglio 2024 del sindaco di Aprilia Lanfranco Principi, accusato di reati contro la pubblica amministrazione e ostacolo al libero esercizio di voto. E a chiudere la stessa estate sono state le dimissioni del capogruppo della Lega nel Comune di Ardea Franco Marcucci, indagato dalla Dia insieme al sindaco della città per presunti contatti con personalità legate alla camorra. Un fenomeno, secondo il quadro investigativo, che si estenderebbe a macchia d’olio e che appare ben radicato nelle città del litorale. Ora che potrebbero tornare ad avvicinarsi le elezioni ad Anzio e Nettuno, commissariati da ormai due anni, facciamo il punto sulla criminalità organizzata nei due comuni, ripercorrendo i maggiori snodi nelle indagini sulla malavita locale.

Verso l’operazione “Tritone”: il viaggio rocambolesco della droga

Risalgono alla fine del 2018 le prime intercettazioni dei carabinieri relative a un carico di ben 258 chili di cocaina in arrivo dalla Colombia, con tanto di supporto dei narcos. La vicenda, che contava tra gli attori due affiliati al clan Gallace-Madaffari, Gregorio Spanò e Francesco Dionisi – detto “il Presidente” – non si è conclusa a loro favore. Parte della droga – nascosta nel carbone – è stata infatti sequestrata dalle forze dell’ordine nell’appartamento della sorella di Dionisi, poi rilasciata dopo 50 giorni di carcere, quando “il Presidente” stesso si è costituito. A ordinare le mosse era stata, però, una figura più in alto: Giacomo Madaffari, originario di Santa Cristina d’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, presunto capo del giro malavitoso del litorale laziale. Identificato, quest’ultimo, con il clan Gallace-Madaffari. D’altra parte, la fase era delicata: proprio nei giorni dell’irruzione era in corso un altro affare, e di portata più corposa. La cerchia di trafficanti tentava infatti di importare altri 500 chili di cocaina, stavolta a bordo di un veliero.

Il patto d’acciaio tra mafia e politica

Anni di indagini sono esplose il 17 febbraio 2022, giorno in cui è scattata l’operazione “Tritone”. L’inchiesta della Dda ha acceso i riflettori su una realtà malavitosa tutt’altro che marginale: con l’arresto di 65 persone, è stato appurato che la criminalità organizzata tra Anzio e Nettuno costituisce sì una locale di ‘ndrangheta, ma nella forma di società maggiore, dunque rappresentando non solo un potere del più alto livello, ma anche indipendente dalla casa madre, la Calabria. L’indagine, oltre a dimostrare come Anzio sia un vero e proprio porto della cocaina, ha portato alla luce anche un altro elemento, ovvero il sodalizio tra criminalità e politica attivo nel territorio.  Molti i nomi di spicco comparsi nelle intercettazioni e nominati nelle carte dell’ordinanza, compresi quelli degli stessi sindaci delle due città: Candido De Angelis, eletto ad Anzio nel 2018, e Alessandro Coppola, eletto a Nettuno l’anno successivo, entrambi in corsa con la Lega.

In prima battuta i due primi cittadini non risultavano indagati nell’ambito dell’operazione “Tritone”, che però è poi giunta alla ipotesi investigativa che questi ultimi godessero del supporto di altre due famiglie finite al centro delle indagini. Si tratta dei Gallace e dei Perronace, storici nomi della ‘ndrangheta provenienti da Guardavalle, in provincia di Catanzaro. A questo proposito, secondo gli inquirenti era proprio nel piazzale dell’azienda di famiglia che nel 2020 Davide Perronace, al tempo agli arresti domiciliari per droga ma con permesso di lavoro, incontrava alcuni esponenti politici locali. Tra questi, gli ormai ex assessori del Comune di Anzio Giuseppe Ranucci e Gualtiero Di Carlo.

Il voto condizionato dai clan

Una circostanza, questa, che ha acceso i riflettori sul tema del voto di scambio. Se ciò accadeva a due anni dalle elezioni, va sottolineato che prima del voto – nel 2018 –, quando Davide Perronace non poteva ancora avere contatti con l’esterno, a intrecciare le relazioni per suo conto era il figlio Gabriele, che, come emerso dalle indagini, avrebbe incontrato più volte quello che sarebbe stato il futuro sindaco di Anzio. Il quadro delineato in questi termini dagli inquirenti fa allora emergere nelle due città del litorale una sottotrama di rapporti che sarebbero stati capaci di orientare il voto, offrendo un’istantanea di una realtà in cui i poteri delle istituzioni si combinerebbero con quelli di un antisistema. Dato, quest’ultimo, reso evidente dall’inchiesta di Alberto Nerazzini, giornalista investigativo di LA7, che tra le tante storie ha anche raccontato i rapporti tra i Tedesco – altra famiglia malavitosa attiva sul territorio – e Daniele Reguiz, giornalista ed ex candidato del Pd a Nettuno.

Il post “Tritone”

Il 2022, insomma, ha rappresentato l’anno 0 per un ripensamento del territorio. Oltre agli esiti dell’operazione “Tritone”, il 21 luglio dello stesso anno i carabinieri del Ros – raggruppamento operativo speciale – arrestavano a Nettuno il super latitante Antonio Gallace, datosi alla macchia dopo la condanna definitiva del processo “Appia”, un tassello giudiziario fondamentale nella lotta alla mafia sul litorale romano. Ma quella del 2022 è stata anche un’estate all’insegna della violenza. Negli stessi giorni del raid che ha portato alla cattura di Gallace a Nettuno, infatti, si consumava il delitto del pugile 25enne Leonardo Muratovic, per il quale si sono costituiti Amor Hadj e i due fratelli Adam e Ahmed El Drissi. Genero, quest’ultimo, di Angelo Gallace, in carcere dal 2020 a seguito del processo “Appia”. Determinante quindi nel ricostruire le maglie di un tessuto socio-economico permeato dalla malavita, lo sviluppo del processo “Tritone”, iniziato nel 2023 e ancora in corso nell’ottobre 2024. Tra i venticinque condannati con rito abbreviato compaiono nomi di spessore del crimine locale, come quelli di Bruno Gallace, Vincenzo Italiano, Gregorio Spanò e Fabrizio Schinzari, a cui il giudice ha riconosciuto il 416bis, l’associazione a delinquere di stampo mafioso. In questa prima fase del processo è stato inflitto un totale di 260 anni di carcere. Ancora in svolgimento ad ottobre 2024, invece, il processo con rito ordinario, scelto dagli altri imputati, tra cui Giacomo Madaffari.

Il buco nero degli amministratori

Ma gli squarci che il territorio tra Anzio e Nettuno presenta, come si è visto, riguardano anche la politica. D’altra parte, lo scioglimento delle giunte comunali nel novembre 2022 su proposta del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ne è stata la conferma. A portare alla luce questo insieme di trame è stata, ancora, l’operazione del 2022, nelle cui carte non figuravano come indagati gli esponenti politici locali. Con il proseguimento dell’inchiesta, però, anche l’ex sindaco Candido De Angelis è tornato al centro delle polemiche, come anche l’ex assessore ai lavori pubblici Giuseppe Ranucci di Forza Italia, l’ex consigliera Cinzia Galasso di Fratelli d’Italia, la consigliera Lucia Pascucci della civica De Angelis e l’ex assessore Gualtiero Di Carlo, ora formalmente indagati con l’accusa di aver beneficiato delle macchinazioni dei boss. Tra violenze, narcotraffico e voto di scambio emerge allora un quadro sinistro, che restituisce l’immagine di una realtà locale governata da forze mafiose ormai storicamente presenti nel territorio. Resta da chiedersi se il commissariamento dei comuni, già prorogato di sei mesi nella primavera del 2024, potrà portare in maniera effettiva a un loro risanamento.